(11 gennaio 2023). Due generazioni di rugbisti bolognesi insieme, quelli che tra l’inizio degli anni ‘80 e la fine dei ‘90 portarono il Bologna 1928 dalla serie C all’A1. A riuscire nell’impresa Casper Oelofsen, atleta sudafricano che a Bologna giocò per tre stagioni (dalla 1992/93 alla 94/95), entrate negli annali per il doppio salto dalla serie B alla A1.
Un passa parola veloce quanto efficace: “viene Casper a Bologna”, e come d’incanto, alla cena quasi intima che doveva essere, si sono presentati in quaranta. Praticamente la gran parte dei compagni dello squadrone artefice della doppia promozione e i soci fondatori del nuovo Bologna, gli stessi che negli anni ‘80 lanciarono l’exploit bolognese del decennio successivo.
Casper Oelofsen, sudafricano d’origini norvegesi, non ha nulla del rigore australe e della cupezza nordica. Da sempre solare, compagnone, dalla parlata svelta anche nell’improbabile misto di italiano, inglese e afrikaans, fu per quattro anni protagonista fuori e dentro al campo.
Durante la serata, tanti i ricordi, dalle interviste televisive caratterizzate da inverosimili traduzioni, agli scherzi ai compagni, agli avversari e perfino agli arbitri, fino alle gesta di Casper trasmesse dalla “Domenica sportiva”, quando la Rai mostrò agli italiani la più spettacolare meta del campionato, marcata proprio dall’apertura sudafricana durante la partita tra il Bologna e il San Donà.
Oelofsen a Bologna giocò mediano d’apertura, anche se fino ad allora aveva giocato quasi sempre primo centro. Svelto di piede, di mano e soprattutto di testa, con il Bologna 1928 fece faville in quel ruolo.
Quanti ricordi Casper… torni sempre volentieri a Bologna.
Sì, a Bologna mi sento a casa, in famiglia. Ho trascorso tre stagioni bellissime. I compagni di squadra di allora sono ancora oggi i miei amici, la mia famiglia italiana. Con qualcuno di loro (Marturano e Baldassin) ho avuto anche occasione di lavorare insieme negli anni a seguire. Li rivedo sempre con grande gioia.
Come mai a Bologna in questi giorni?
Una breve vacanza con mia moglie (già allora con me a Bologna) e mia figlia, che vorremmo facesse qualche anno di studio a Bologna. La città e l’Università le sono piaciute, vedremo. Una bella occasione per rivedere gli amici.
Rugbisticamente, cosa ricordi degli anni a Bologna?
In campo terribile della Barca (ride), le tante vittorie… il senso di gruppo, di squadra. Diversamente da come ero abituato in Sud Africa, a Bologna lo spirito rugbistico era quello più vero e sincero. C’era posto per tutti e tutti erano importanti. Anche se non eri bravissimo ma ti impegnavi, un posto in squadra c’era: prima o seconda che fosse. Eri e ti sentivi un giocatore del Bologna a tutti gli effetti. In Sud Africa, se non eri un fenomeno, eri escluso, non riuscivi proprio a giocare, a crescere.
Il ricordo che però mi fa più divertire ancor oggi, è la festa per la promozione in A1, con Nicola Aldrovandi in costume adamitico a ballare sui tavoli.
Ora sei un “business coach” importante, ti è stato d’aiuto il periodo trascorso a Bologna?
Ho imparato l’italiano, conosciuto tante persone e questo mi aiuta tutt’ora nel lavoro di consulente d’impresa (è “International executive business coach” alla Mindful Leadership). Con i soldi guadagnati a Bologna sono potuto entrare alla Keymatrix del Gruppo bancario PSG (della quale Casper è tra i fondatori), dalla quale è poi nata la Capitec Bank Ltd (seconda banca del Sud Africa e votata miglior banca del mondo, che ha lo stesso Casper e la moglie Dina tra i soci fondatori). Diciamo che gli anni con il Bologna Rugby hanno contribuito a dare il “La” alla mia carriera lavorativa.
Come vedi l’Italia del Rugby?
Intanto spero che l’Italia si faccia onore ai prossimi mondiali. La nazionale è cresciuta molto tecnicamente e da quando giocavo io a Bologna è proprio cambiato l’approccio. Molto più professionale. Nel pomeriggio ho assistito agli allenamenti dei ragazzi del Bologna. State lavorando bene.
In Sud Africa giocare a rugby è quasi un obbligo. Ricordo che ai ragazzini si faceva questo test per capire se erano più portati per il rugby o il calcio: si lanciavo loro una palla, se la prendevano e la rilanciavano con le mani, erano indirizzati al rugby, se la prendevano e la ribattevano con i piedi, ancora rugby, ma tra i trequarti…
Tra gli ospiti della serata, il posto d’onore è andato a Stefano Romagnoli, attuale direttore tecnico del Colorno (capolista in Top 10), già atleta del Bologna 1928, azzurro prima come giocatore e poi come coach (dalla U18 alla 21, dalla femminile agli Emergenti), ma soprattutto allenatore del Bologna 1928 degli anni d’oro (tra il 1991 e il 1997), gli anni di Casper Oelofsen.
Tra un brindisi e l’altro, Romagnoli ha ricordato con affetto quegli anni, e ritornando sul pensiero di Casper, ha ripreso la frase di Davide Sasdelli, presente alla serata e anch’esso protagonista di quegli anni: “Siamo ancora una squadra“. (AM)