Andrea Nervuti sul Corriere dello sport / Stadio del 9 aprile 2022
Mentre i rossoblù di Matteo Ballo continuano a lottare ai piani altissimi della classifica, sotto le Due Torri si sogna il possibile ritorno di un test match di livello mondiale…
Certo, i tempi dei Saracens londinesi in trasferta all’Arcoveggio per affrontare il Bologna 1928 in European Cup o della Nuova Zelanda di scena davanti agli azzurri in un Dall’Ara stracolmo sono ancora lontani, ma in una città che vive di sport, anche il rugby sembra pronto per ritagliarsi nuovamente lo spazio che merita.
Già, perché Bologna vanta una lunga tradizione ovale e nonostante un recente passato senza grandi acuti, a livello territoriale il movimento felsineo è sempre rimasto vivo, lungimirante e impegnato nel sociale.
Dal grande lavoro svolto per i più piccoli (soprattutto in periodi come questo), alla storica unione delle due realtà cittadine, senza dimenticare il Giallo Dozza, la squadra composta interamente dai detenuti del penitenziario e che continua a giocare in Serie C grazie al “tutoraggio” e all’impegno profuso dallo stesso club rossoblù. Un sistema sano, che adesso potrebbe togliersi qualche ulteriore soddisfazione, a cominciare dal campionato, dove gli uomini di Matteo Ballo stanno dando filo da torcere a tutte le corazzate venete, fino alla possibile nomina per l’organizzazione di un test match novembrino dall’appeal internazionale. Insomma una serie di aspetti interessanti, che abbiamo voluto analizzare in compagnia di Stefano Raffin, responsabile tecnico federale per l’Emilia Romagna.
Raffin, partiamo da Cardiff: la straordinaria vittoria italiana ha ridato un po’ di fiato ad un movimento in difficoltà?
«Assolutamente. Un successo meraviglioso, che rappresenta l’inizio di una nuova era. Ci sono tanti protagonisti giovani in questa Nazionale e noi siamo molto “latini”, ovvero abbiamo bisogno di innamorarci anche dei giocatori. Penso a Capuozzo, per esempio. Servono icone, un po’ come fu per i vari Parisse, Castrogiovanni e Dominguez. Non solo: alle spalle c’è una selezione Under 20 che ha ottenuto un risultato storico nel 6 Nazioni di categoria e quindi possiamo guardare al futuro con ottimismo».
Esistono concrete possibilità di vedere proprio l’Italia all’opera a Bologna, magari a novembre contro l’Australia?
«Onestamente non c’è nulla di ufficiale. Di sicuro Bologna ha tutte le potenzialità per ospitare un evento del genere. È uno degli epicentri dello sport e una città strutturata per i grandi eventi».
Tornando indietro nel tempo, infatti, abbiamo già visto al Dall’Ara partite importanti, su tutte quella contro gli All Blacks della leggenda Jonah Lomu: come mai è via via sparito dai radar del grande rugby?
«Credo che non ci siano più state le giuste condizioni, ma è una mia sensazione perché non conosco completamente le vicende passate. Se ricordo bene, non tanti anni fa, ci fu anche una gara del 6 Nazioni femminile (febbraio 2016 contro la Scozia all’Arcoveggio, ndr) e quindi ribadisco: la città e anche il Bologna Rugby Club ne sono all’altezza. Poi si vedrà, è un discorso che dipende da tante cose…».
Lasciamo da parte le suggestioni e restiamo al club: un Bologna giovane e sbarazzino sta lottando ai piani altissimi della classifica. Quante chance ci sono di agguantare la Serie A?
«Difficile dirlo, anche perché mancano ancora i due scontri diretti con la capolista Patavium. Di sicuro sta facendo molto bene: ha trovato la giusta quadra e devo dire che ha avuto anche l’ottima intuizione di andare a prendere il nazionale olandese. È ovviamente ancora presto, ma è bello vederlo lassù in un girone così complesso come quello formato dalle squadre venete».
Resterà una sola promozione o il ventaglio potrebbe allargarsi?
«È una possibilità, ma se ne parlerà più avanti. Molte realtà stanno combattendo con problematiche di natura economica lasciate in eredità dalla pandemia e non è da escludere un effetto a
“cascata” che possa aumentare il numero di promozioni. I conti si faranno alla fine, ma difendere il secondo posto potrebbe risultare estremamente importante per i rossoblù».
Chiudiamo con uno sguardo sull’hinterland: come stanno Imola e Pieve?
«Imola appare in evidente difficoltà: dovranno riavvolgere il nastro, mettere in ordine le idee e cominciare a pensare alla prossima stagione. Pieve, come tutti sappiamo, è un paese con profonde radici ovali e sta giocando con grande orgoglio in Serie C, tenendo testa a realtà con grandi ambizioni».
(Andrea Nervuti)